Nessuno riesce a sfuggire al fascino di un borgo abbandonato. Sarà perché si è fermato nel tempo e ci permette di vedere come vivevamo un po’ di anni fa, sarà il mistero di un posto abitato per secoli e poi all’improvviso svuotato, saranno le leggende che girano intorno a questi luoghi, ma una visita in un borgo abbandonato è sempre un’esperienza emozionante. Ecco quindi 17 borghi, chiese, carceri e castelli abbandonati o quasi da visitare da Nord a Sud!
Roscigno Vecchia
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Roscigno Vecchia è uno dei tanti borghi italiani vittima della forza della natura, che, durante i secoli, ha deciso di tormentarlo. Ricostruito più volte, perché più volte colpito da frane, è stato abbandonato su ordinanza, a partire dal 1902. Poco per volta Roscigno ha cominciato a svuotarsi dei suoi abitanti. Non tutti, però, hanno accettato di lasciare immediatamente le loro case, i loro ricordi. Pertanto è iniziata una migrazione lenta, che ha portato all’abbandono quasi totale del paese sul finire degli anni ‘50 e ‘60 del ‘900, tra Roscigno Nuova, e i paesi confinanti. Siamo sulle montagne del Parco Nazionale del Cilento, in Campania, e raggiungere Roscigno non è sempre facile a causa di alcune strade dissestate. Ma questo fa parte del fascino della scoperta di questo straordinario luogo, simbolo di un’Italia che non c’è più. Il comune di Roscigno è diviso tra Roscigno Vecchia e Roscigno Nuova, più a valle. La sua storia risale circa all’anno 1000, quando nacque come borgo dedito all’agricoltura. Il centro storico di Roscigno Vecchia è posto su una collina, per difendersi, all’epoca, da eventuali attacchi dal mare. Oggi, di questo centro storico, non rimangono che case abbandonate.
Il Castello di Roccascalegna
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Roccascalegna è un borgo con castello a strapiombo su un burrone attraversato dal fiume Rio Secco che poi si unisce al Sangro nella vallata. Una scenografia da fiaba o incubo, che cambia con le ore del giorno e le stagioni. Non è un caso che Roccascalegna sia stato il set di grandi film di successo che richiedevano ambientazioni medievali: “Il nome della Rosa” e il “Racconto dei Racconti” di Matteo Garrone. Siamo in Abruzzo, in provincia di Chieti, in un borgo di circa 1200 abitanti. Non ci sono molte cose da vedere, escluso il Castello ma questo è già un ottimo motivo per visitare Roccascalegna. Ci sono molti ristoranti che offrono tutti una cucina locale eccellente e alcuni piccoli hotel e B&B davvero incantevoli.
Valogno e i suoi murales
3Nel borgo di Valogno non c’è un bar, nessun negozio, niente supermercati e un ristorante pizzeria che apre solo di sera. Se vi viene un mal di testa, la farmacia più vicina è a 5 km. Gli abitanti sono solo 95 e molti giovani sono stati costretti ad andare via. Siamo in provincia di Caserta, al confine con il Lazio, a 390 metri sul livello del mare, e questa sembra la storia senza lieto fine di uno dei tanti borghi abbandonati d’Italia. Invece ad un certo punto, come nelle migliori fiabe, la storia cambia direzione e il buono comincia a vincere sul cattivo. In realtà i buoni sono due: Giovanni e Dora, uno psicologo di Roma e sua moglie che ha passato le estati della sua infanzia nella casa familiare a Valogno.
Pesche e il Santuario di Castelpetroso
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piccolo borgo di Pesche si adagia tra il verde con un ammucchio di case bianche, sui fianchi del monte San Marco, in provincia di Isernia. Il fascino delle sue case arroccate su più piani, proprio come fosse una libreria, non passa certo inosservato, e ne restereste colpiti in qualunque momento della giornata lo visitiate: con la luce piena del sole, con i colori del tramonto, o con le luci accese delle sue 1640 case. Queste oramai le anime che lo abitano a valle, per il resto, l’abitato originario sullo sperone roccioso è quasi completamente abbandonato. Come il “c’era una volta delle favole”, qui, un tempo c’era un castello e delle mura per difendere gli abitanti, e adesso rimane quel che rimane. Scopriamolo insieme!
L’Abbazia del Goleto e il borgo di Rocca San Felice
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Ci sono diverse abbazie e chiese in rovina in Italia: la più famosa è quella di San Galgano, in Toscana, che attira ogni anno centinaia di migliaia di persone. Eppure ce n’è una ugualmente bella, affascinante e con una straordinaria storia da raccontare, che però molti ignorano. Siamo nel cuore dell’Irpinia, a solo 1 ora di auto da Napoli: da secoli, qui le mura dell’Abbazia del Goleto (nel comune di Sant’Angelo dei Lombardi e vicino al borgo di Rocca San Felice) combattono contro terremoti, neve, vento e la mano degli uomini. E nonostante tutto, una parte resta ancora in piedi e regala scorci meravigliosi su un tempo passato in cui santi, cavalieri, storia e leggenda convivono.
Il borgo di Calcata
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Il borgo di Calcata è uno dei borghi abbandonati più belli d’Italia. Intorno agli anni ’30 del 1900 gran parte della popolazione lasciò il paese che si stava sgretolando lentamente. Calcata, infatti, condivide con la vicina Civita di Bagnoregio la definizione di “Paese che muore” proprio per il lento ma inevitabile cedimento del tufo su cui è costruito. Il paese doveva essere abbattuto ma per fortuna una legge del 1990 lo salvò. Ad aiutarne la rinascita anche l’intervento di molti artisti: negli anni qui hanno girato film Sergio Leone, Monicelli scelse il borgo per una celebre scena di “Amici miei“, Pasolini il suo Decameron e De Andrè giro un videoclip della canzone “Una storia sbagliata“.
Oggi nel borgo vivono circa 70 residenti, italiani e stranieri che hanno scelto Calcata per una vita più tranquilla. L’abbandono ha permesso al borgo di mantenersi intatto: a partire dagli anni ’60 molti artisti si sono innamorati di Calcata scegliendola come luogo di vita e di lavoro. La maggioranza della popolazione, comunque, ha 4 zampe: e sono i gatti di Calcata, tanti, amichevoli e super-fotografati! Il borgo ha ripreso vita ed oggi è meta di un turismo che ama la tranquillità, la natura e l’arte.
L'Abbazia di San Galgano
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L’Abbazia di San Galgano, poco distante da Siena, è uno splendore: vedere comparire la sua sagoma tra i cipressi del viale che le sta davanti, è davvero uno spettacolo che non si dimentica. Lo stupore aumenta man mano che ci si avvicina, accorgendosi che la sagoma quasi intatta delle mura esterne non ha il tetto. L’abbazia cistercense fu edificata nel 1218 con diversi materiali come il travertino, soprattutto per gli esterni, il mattone e il sasso accapezzato. E’ stata costruita con pianta a croce latina a tre navate, per una lunghezza di 72 metri ed una larghezza di 21. L’abside, che finisce con sei monofore ed un rosone, dona a tutto l’edificio un meraviglioso senso di leggerezza e raffinatezza. La maestosità dell’abbazia testimonia il grande seguito del culto di San Galgano. Nel XIV secolo raggiunse momenti di grande splendore grazie all’immunità e ai privilegi imperiali di cui godeva. L’abbazia fu sotto la tutela degli imperatori Enrico VI, Ottone IV e Federico II. La grande ricchezza raggiunta nel Cinquecento scatenò forti polemiche tra la Repubblica di Siena ed il Papato. Nel 1506 papa Giulio II inviò l’interdetto contro Siena che però si ribellò ordinando ai sacerdoti di celebrare regolarmente tutte le funzioni liturgiche. A questo periodo sfolgorante, ne seguì uno di decadenza che avrebbe ridotto l’abbazia di San Galgano a un misterioso rudere abbandonato ma pur sempre imponente.
Santo Stefano di Sessanio
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Minuscolo borgo fortificato all’interno del Parco Nazionale del Gran Sasso, Santo Stefano di Sessanio è un gioiello architettonico di epoca medievale interamente conservato e perfettamente inserito nel paesaggio circostante. Il borgo è diventato famoso per l’iniziativa di Daniel Kihkgren, giovane imprenditore svedese che dopo aver acquistato parte delle abitazioni abbandonate del centro storico, le ha ristrutturate nel rispetto delle caratteristiche architettoniche.
Tutti gli interventi hanno preservato l’integrità estetica del borgo e del territorio circostante rispettando la storia e la cultura locale. Oggi queste abitazioni fanno parte di un progetto di “albergo diffuso” che ha reso Santo Stefano meta di un turismo non convenzionale.
Il Carcere di Santo Stefano a Ventotene
9Edificato dai Borbone nel 1795 e funzionante fino al 1965, il Carcere di Santo Stefano si trova sull’isola omonima, a meno di un miglio marino da Ventotene. Si tratta di una costruzione imponente e maestosa a ferro di cavallo, a picco sul mare, dove però i detenuti potevano guardare soltanto all’interno.
Il progetto era di Francesco Carpi e fu ideato in modo da permettere ad un solo guardiano di controllare tutte le celle con un colpo d’occhio. Una visita a questo luogo è emozionante e carica di suggestione: per duecento anni ha ospitato migliaia di vite umane, dai prigionieri dei Borbone ai nemici fascisti, e il cimitero del carcere ne testimonia la tragicità con una serie di tombe senza nome sormontate da semplici croci di legno. È anche il carcere dei nomi illustri: qui sono stati confinati ad esempio Sandro Pertini e Giuseppe Di Vittorio, e qui è stato scritto da Altiero Spinelli ed Eugenio Colorni il Manifesto di Ventotene, un documento che oggi è considerato il testo fondante dell’Unione Europea.
La Grotta Mangiapane a Custonaci
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A 20 minuti in macchina da Erice c’è un altro borgo che merita una visita: è il borgo di Custonaci, famoso per la Madonna di Custonaci custodita nella bellissima chiesa della cittadina. Superato il singolare sagrato pavimentato con ciottoli di fiume si entra in una chiesa a croce latina in cui trionfano i marmi policromi e gli archi a sesto in stile gotico. La protagonista del santuario è la Madonna, dipinta da un allievo di Antonello da Messina. L’immagine di Maria Santissima di Custonaci attira da secoli milioni di pellegrini. A Custonaci c’è anche la Grotta Mangiapane, una lunga galleria scavata nella roccia e abitata fin dal Paleolitico. In questa grotta, fino agli anni ’50, abitava la famiglia Mangiapane (da cui il nome) che la trasformò in un piccolo villaggio di cui sono visibili ancora le abitazioni.
La Calamita Cosmica
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Nell’ex chiesa della Santissima Trinità di Foligno c’è una delle opere d’arte contemporanea più discusse degli ultimi decenni: è la “Calamita cosmica“, di De Domenicis artista di Ancona scomparso a soli 51 anni nel 1998. Un enorme scheletro di 24 metri di lunghezza per 4 di larghezza. Una riproduzione perfetta, in 50 pezzi, del corpo umano con l’unica “anomalia” di un becco d’uccello al posto del naso.
L’artista realizzò questa monumentale opera in gran segreto nel 1988 e la espose prima a Grenoble, poi a Capodimonte a Napoli, a Parigi, a Milano, al Forte di Belvedere di Firenze fino ad essere acquistata dalla Cassa di Risparmio di Foligno per essere collocata nella chiesa. Ma cosa rappresenta l’opera? La spiegazione viene del nome viene dall’asta dorata che parte dall’indice della mano destra e va verso l’alto: secondo l’artista è la connessione della vita reale con quella spirituale, la morte e la vita, cielo e la terra, mortalità e l’immortalità.
Orari di apertura e costo del biglietto per la Calamita cosmica
Orari d’apertura: Venerdì: dalle 16:00 alle 19:00.
Sabato e Domenica: dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 15:30 alle 19:00
Costo del biglietto: 6 € incluso ingresso al Centro Italiano di Arte Contemporanea.
Come arrivare: chiesa della Santissima Trinità in Annunziata, via Garibaldi 153/a
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Siponto e la Basilica di Santa Maria Maggiore
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Il turista frettoloso salta una visita a Manfredonia, l’unica “città” del Gargano. Eppure questa località di mare merita una visita per diversi motivi: prima di tutto il Castello Angioino Aragonese si trova nel cuore del lungomare, ricco di bar, ristoranti e spiagge. Oggi il Castello ospita il Museo Archeologico di Manfredonia con reperti del Gargano e del Tavoliere (biglietto 5 euro).
Pochi chilometri fuori dal centro, nella zona balneare di Siponto, è indispensabile visitare l’Area Archeologica: per due motivi principali. La Basilica di Santa Maria Maggiore, splendido esempio di romanico pugliese. Costruita tra la fine dell’XI e gli inizi del XII secolo, ha la forma di un cubo sormontato al centro da una piccola cupola e una cripta con ingresso dall’esterno. Accanto alla chiesa romanica c’è la ricostruzione in acciaio di una basilica paleocristiana del IV secolo dopo Cristo. Si tratta dell’opera “Dove l’arte ricostruisce il tempo”, un’innovativa installazione in rete metallica opera del giovane artista lombardo Edoardo Tresoldi. Da ammirare principalmente di sera quando cala la notte e l’installazione si illumina.
Orari di apertura e costo del biglietto per l’Area Archeologica di Siponto
Orari di apertura: dal mercoledì alla domenica dalle ore 9.00 alle ore 18.00.
Costo del biglietto: 3 euro.
Come arrivare: chiesa della Santissima Trinità in Annunziata, via Garibaldi 153/a
Il borgo di Doglio
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Doglio è un piccolissimo borgo dell’Umbria, abitato solo da 88 persone. Siamo in provincia di Perugia, in una piccola frazione del comune di Monte Castello di Vibio, dove si trova il teatro più piccolo del mondo. Il piccolo paesino di Doglio è completamente immerso nel verde, e si trova su un colle boscoso a 489 metri sul livello del mare. Per arrivare a Doglio bisogna percorre la Strada provinciale 373 in direzione di Monte Castello di Vibio e proseguire successivamente sulla statale Orvieto-Todi.
Il borgo di Fiorenzuola di Focara
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A pochissimi chilometri dalla meravigliosa Gradara, incontriamo il piccolo borgo di Fiorenzuola di Focara. Siamo nelle belle Marche, all’interno del Parco Naturale del Monte San Bartolo, conosciuto per la sua meravigliosa spiaggia non attrezzata, ritrovo per tutti coloro che cercano pace e tranquillità. Il caratteristico borgo di Fiorenzuola di Focara sorge in una posizione molto suggestiva, su un promontorio a picco sul mare, a circa 200 metri di altezza, da cui si godono splendidi panorami e da cui partono numerosi itinerari e sentieri avventurosi. Il borgo di Fiorenzuola di Focara non è molto conosciuto e non ha molte preteste, ma è un luogo in cui ci si può ristorare, trovare pace e rilassarsi stando lontani dal caos. Fiorenzuola di Focara, come dicevamo, dista solo 6 chilometri da Gradara, e circa 10 chilometri da Pesaro. Il suo promontorio segna il confine geografico tra le Marche e l’Emilia Romagna, pertanto se si è da quelle parti, questo piccolo borgo è l’ideale per ritirarsi dai luoghi affollati della riviera romagnola come Cattolica, o dai borghi delle Marche presi d’assalto in ogni stagione. Per raggiungere Fiorenzuola venendo da nord, bisogna percorrere la A14 direzione Cattolica, per poi imboccare la statale SS 16 nella direzione di Pesaro e da qui seguire le indicazioni. Scopriamo insieme che cosa vedere a Fiorenzuola di Focara.
Le Grotte di Zungri
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Le Grotte di Zungri, a circa 20 km da Tropea, sono un sito rupestre, scavato nella roccia intorno al VIII secolo. In un territorio di oltre 3.000 mq si trova un vero e proprio villaggio, in cui nel corso dei secoli sono state edificate case, magazzini, stalle per gli animali. Oggi il sito comprende almeno 100 case, di cui alcune sottoterra, tra stradine, scalinate consumate dal tempo e un percorso davvero ricco di fascino.
Una parte del sito è aperto al pubblico e si possono scoprire gli ambienti scavati nella roccia: si scende incontrando prima le costruzioni più recenti, e man mano si va a ritroso nel tempo, ammirando cisterne per la raccolta dell’acqua piovana e case scavate nella pietra con le nicchie per i letti, e i fori centrali in alto da cui passava la luce. La visita guidata comprende anche il Museo della civiltà rupestre e contadina di Zungri, ospitato in un ex frantoio: una ricca raccolta di oggetti, abiti, strumenti di lavoro e fotografie della civiltà contadina di queste zone.
I Meandri di San Salvatore e Brugnello
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DIl fiume Trebbia è abbastanza capriccioso. Chi visita Bobbio in estate quando è ridotto lo vede come un timido ruscello dove è anche bello fare un bagno, magari all’ombra delle arcate di Ponte Vecchio. Ma il Trebbia diventa spesso una furia, tanto da aver abbattuto più volte le arcate. Grazie alla sua forza, però, lungo il percorso ha modellato un paesaggio spettacolare, soprattutto in quelle che si chiamano i “Meandri di San Salvatore“. Qui il fiume fa una curva, disegnando delle isole di ghiaia e spiagge. Le acque limpide dei “meandri” sono una vera attrazione, ma solo se si è disposti a fare 25 minuti di cammino. Ovviamente non ci sono né bar né ristoranti. I più pigri possono scegliere di fare il bagno a Berlina Beach, una spiaggia molto più accessibile appena fuori il borgo di Bobbio. Oppure limitarsi a guardare i “meandri” dal borgo di Brugnello che si trova in alto, proprio a picco. Poche case, 50 abitanti e un’atmosfera incredibile.
Orari di apertura e costo del biglietto per i Meandri di San Salvatore
Orari di apertura: sempre aperto.
Costo del biglietto: gratis.
Come arrivare: in località San Salvatore.
Civita di Bagnoregio
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Sospeso su un fragile lembo di tufo, il suggestivo borgo di Civita di Bagnoregio, nel viterbese, è purtroppo segnato da un destino inesorabile. Il lento sgretolarsi della rupe su cui sorge e la continua erosione della valle che lo circonda ad opera degli agenti atmosferici, dei terremoti e di due torrentelli, minano l’esistenza del minuscolo borgo dove, come ha scritto il saggista Bonaventura Tecchi, “tutto quel che è rimasto – un ciuffo di case e di mura in rovina, nere sul tufo, erette come sul vuoto – respira ormai l’atmosfera della fine”.
Civita di Bagnoregio, anche nota come “ la città che muore”, è un luogo di struggente bellezza, unico nel suo genere. Unita alla terra ferma solo da uno stretto viadotto pedonale di 300 metri, la cittadina si erge come un isolotto di tufo in mezzo al mare dei calanchi, offrendo ai visitatori uno scenario di insolito incanto, quasi surreale. Per cercare di conservarla è stato introdotto un biglietto di ingresso al paese, i cui ricavati serviranno per i lavori di conservazione (3 € in settimana, 5 nel fine settimana). Testimonianze etrusche, vestigia romane, portali medioevali e fregi rinascimentali segnano l’antico volto di Balneum Regis (Bagno del Re) – dalla leggenda secondo cui la stazione termale presente nell’area fu utilizzata dal re longobardo Desiderio per curare una grave malattia – divenuto poi Bagnorea, ed infine Bagnoregio. All’interno del borgo semi disabitato, si respira un’atmosfera tranquilla e rilassata. Passeggiando per le sue stradine superstiti ci si ritrova circondati dalle tipiche case medioevali con le scalette esterne (profferli) e i balconcini fioriti, non di rado occupate da botteghe artigiane, e da alcuni bei palazzi nobiliari, che emergono da un passato prestigioso, quando Civita era un libero comune, oltre che un’importante sede vescovile. Ad imporsi su quel che resta dell’antico abitato, il campanile romanico della chiesa di San Donato sull’omonima piazza, che si staglia, snello e slanciato, nel paesaggio modellato dalle forze della natura.