L’Abbazia del Goleto e il borgo di Rocca San Felice

Alla scoperta di una meravigliosa abbazia in rovina e del vicino borgo di Rocca San Felice.

L'Abbazia del Goleto
L'Abbazia del Goleto

Ci sono diverse abbazie e chiese in rovina in Italia: la più famosa è quella di San Galgano, in Toscana, che attira ogni anno centinaia di migliaia di persone. Eppure ce n’è una ugualmente bella, affascinante e con una straordinaria storia da raccontare, che però molti ignorano.

Siamo nel cuore dell’Irpinia, a solo 1 ora di auto da Napoli: da secoli, qui le mura dell’Abbazia del Goleto (nel comune di Sant’Angelo dei Lombardi e vicino al borgo di Rocca San Felice) combattono contro terremoti, neve, vento e la mano degli uomini. E nonostante tutto, una parte resta ancora in piedi e regala scorci meravigliosi su un tempo passato in cui santi, cavalieri, storia e leggenda convivono.

L'ingresso dell'Abbazia del Goleto
L'ingresso dell'Abbazia del Goleto

Guglielmo da Vercelli

La storia dell’Abbazia del Goleto inizia nel 1133 quando Guglielmo da Vercelli (dopo aver vissuto per un po’ di tempo nella fessura di un albero), fonda una comunità mista di monache di clausura e monaci in cui a comandare era la Badessa mentre i monaci si occupavano delle parte amministrativa e del servizio liturgico. L’abbazia diventa un punto di riferimento per le comunità locali e comincia ad accumulare ricchezze che le permettono di prosperare per due secoli, grazie anche all’accorta gestione delle badesse Febronia, Marina I e II, Scolastica e Agnese. Ai due secoli di splendore seguirono due di decadenza, culminati nel 1506 con l’abolizione del monastero e la riunione con quello più potente di Montevergine. Solo la tenacia di alcuni monaci impedì il totale abbandono e, dopo altri due secoli, alla costruzione della Chiesa grande di Domenico Vaccaro che sostituì quella distrutta dal terremoto del 1732. Quando Napoleone abolì gli ordini monastici, tutti i beni del monastero furono dispersi tra le diverse comunità locali. Il monastero abbandonato inizia la sua fase finale e sarà duramente colpito dal terremoto del 23 novembre 1980. Dagli anni ’90 nel monastero vivono i Piccoli Fratelli della Comunità Jesus Caritas, ed è iniziato un lavoro di recupero per conservare quel che resta.

La Torre Febronia

La Torre Febronia
La Torre Febronia

Prende il nome dall’Abbadessa che nel 1152 ne dispose la costruzione per la difesa del monastero. Vero capolavoro di arte romanica, presenta incastonati numerosi blocchi con bassorilievi provenienti da un mausoleo romano dedicato a Marco Paccio Marcello. La torre era a due piani e, al secondo, si accedeva tramite un ponte levatoio. Nella parte superiore si conservano alcune sculture simboliche, caratteristiche dell’arte romanica.

La chiesa inferiore o Atrio

La chiesa inferiore o Atrio
La chiesa inferiore o Atrio

La parte inferiore, indicata anche come chiesa inferiore o cappella funeraria, risale al 1200 ed è in realtà un atrio: dalle cinque porte si poteva accedere al chiostro, al piccolo cimitero delle monache e al monastero. Accoglie il visitatore la scultura di una matrona romana. L’atrio in stile romanico-pugliese è diviso in due navate separate da colonne  con capitelli bassi da cui partono gli archi che reggono la crociera. L’unico arredo dell’atrio è uno splendido sarcofago in pietra rossa.

La scultura della Matrona
La scultura della Matrona

La Cappella di San Luca

La scala che porta alla Cappella di San Luca
La scala che porta alla Cappella di San Luca

La cappella di San Luca è il gioiello dell’abbazia e uno dei monumenti più preziosi dell’Italia Meridionale. Per raggiungerla si sale la scale esterna seguendo il corrimano a forma di serpente con un pomo in bocca. La scritta sul portale ricorda che la chiesa fu fatta costruire da Marina II (una delle badesse) per accogliere le spoglie di San Luca. Il portale di accesso è sormontato da un arco e da un piccolo rosone a sei luci. Sul fronte dell’arco alcune scritte ricordano che la chiesa fu fatta costruire da Marina II, nel 1255, per accogliere le spoglie di San Luca. L’interno ha due navate coperte da crociere ogivali: purtroppo non resta molto di quelle che dovevano essere le meravigliose decorazioni. Sono ancora visibili due medaglioni che raffigurano le badesse Scolastica e Marina e qualche episodio della vita di San Guglielmo. Preziosi gli altari, soprattutto quello in lastra di pietra sorretto da quattro colonnine con capitelli e basamenti tutti diversi.

La Cappella di San Luca
La Cappella di San Luca

La Chiesa Grande del Vaccaro

La Chiesa Grande del Vaccaro
La Chiesa Grande del Vaccaro

Ha il fascino delle cose decadute ma che resistono strenuamente al tempo, alla natura e agli uomini. La chiesa Grande del Vaccaro, dal nome del grande architetto napoletano che la costruì tra il 1743 e il 1745. La cupola e il tetto sono crollati per un incendio e per il terremoto del 23 novembre 1980. Oggi attraverso quel che resta degli archi si ammira il cielo dell’Irpinia ma restano intatti il disegno della rosa nel centro del pavimento e alcuni degli stucchi.

Il tetto crollato della Chiesa del Vaccaro
Il tetto crollato della Chiesa del Vaccaro

Il chiostro

Il chiostro
Il chiostro

La presenza dei monaci dei Piccoli Fratelli è davvero discreta, quasi impalpabile. Il chiostro è immerso nel silenzio e sembra che l’intero complesso sia disabitato, mentre in realtà, dietro le mura si prega, si sta insieme, si vive in comunità. Lungo le pareti diverse locandine raccontano la storia del Goleto e il passato splendore dell’abbazia.

Il borgo di Rocca San Felice

Il borgo di Rocca San Felice
Il borgo di Rocca San Felice

L’Abbazia del Goleto rientra nel comune di Sant’Angelo dei Lombardi, duramente colpito dal terremoto del 1980 e completamente distrutto. Qui morirono 482 persone tanto da conferire a questo borgo il ruolo di “capitale del terremoto”. Ricostruita negli anni ’90, merita una visita il Castello longobardo costruito nel 1076. Il borgo più interessante di questa zona è quello di Rocca San Felice, con il castello fortificato che dall’anno 1000 sorveglia il territorio.

Cosa vedere a Rocca San Felice

La piazza di Rocca San Felice
La piazza di Rocca San Felice

La visita parte dalla piccola piazzetta con la fontana monumentale, secolare luogo di incontro della popolazione, e il grande tiglio intorno al quale ci si siede a parlare nelle notti d’estate. Questo albero è qui dal 1799 perché fu piantato durante la rivoluzione napoletana del 1799 come simbolo di libertà. La piazza è dominata da una serie di archi in pietra su cui affaccia il loggiato del palazzo De Antonellis-Villani.

Il castello di Rocca San Felice

Il torrione di Rocca San Felice
Il torrione di Rocca San Felice

Da qui inizia la salita (faticosa) verso il castello attraverso “re muredde“, le scale in pietra. Il primo monumento che si incrocia è la chiesa. La chiesa di Santa Maria Maggiore fu costruita intorno all’anno 1000. Distrutta dal terremoto del 1980 è stata ricostruita negli anni ’90. Il castello è il nucleo più antico di Rocca San Felice perché è qui che viveva la popolazione per difendersi dagli attacchi esterni. La prima abitazione fu il Donjon, la torre cilindrica del XII secolo di 10 metri di diametro costruita direttamente sulla roccia. La torre ha quattro piani: cisterna e deposito, cucina con forno, camino e pozzo, il terzo e quarto piano con le abitazioni e i servizi igienici. Qui viveva il capitano di Rocca mentre a ridosso della torre c’erano le abitazioni che ospitavano gli artigiani e i soldati.

Il fantasma di Margherita d'Austria

Federico II era un sovrano illuminato ma anche senza scrupoli. Quando suo figlio Enrico appoggiò la rivolta dei feudatari tedeschi lo fece imprigionare e girovagare per le fortezze del Sud Italia, tra cui la torre di Rocca San Felice in cui rimase prigioniero per sei anni. La fedele moglie Margherita d’Austria lo seguiva fedelmente nella speranza di consolarlo. Quando seppe della sua morte ma non riusci a identificare con precisione in quale luogo era avvenuta, prese a vagare per il castello di Rocca alla ricerca del marito. Si racconta che nelle notti di luna piena si veda ancora il fantasma della sposa girare, vestita di bianco, tra le mura del castello.

La mefite di Rocca San Felice

La Mefite a Rocca San Felice
La Mefite a Rocca San Felice

Quando si arriva a Rocca San Felice colpisce l’assenza di vegetazione in alcune zone del territorio. Siamo nel luogo d’Europa in cui sono più forti le emissioni di anidride carbonica e acido solforico dal suolo che impediscono a qualsiasi forma di vita di resistere. Siamo nella Valle dell’Ansanto, cantata da Virgilio nell’Eneide, in prossimità del laghetto di Mefite. Poco più di 40 metri di larghezza in cui l’acqua ribolle spinta dal gas sotterraneo. Colpiti dalla straordinaria potenza della natura, qui nacque il culto della Dea Mefite a cui fu dedicato un tempio oggi non più visibile.

Alfonso Cannavacciuolo
Alfonso Cannavacciuolo è un copywriter e redattore professionista. Scrive per aziende e agenzie pubblicitarie. Insegna scrittura in master e università e ha pubblicato tre manuali di scrittura con Hoepli editore. Appassionato di viaggi e fotografia, scrive guide e reportage. Ha fondato 10cose.it nel 2009. Oggi 10cose.it è uno dei principali portali turistici italiani.